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Legge di bilancio 2026. I provvedimenti per il personale militare sono insufficienti

SIM Marina si ritiene insoddisfatto dal provvedimento di finanza pubblica.

Sapevamo che ci sarebbe stato poco di nuovo per noi, se non gli interventi su IRPEF e la conferma delle cifre già delineate nel documento di programmazione economica dello scorso anno per il rinnovo contrattuale.

Come dichiarato dal SIM Marina ad autorevoli fonti di informazione, (leggi qui l’articolo di money.it, nota testata finanziaria) da una prima lettura della manovra approvata dal Consiglio dei Ministri il 17 ottobre, emerge un quadro preoccupante: il comparto Difesa e Sicurezza è stato marginalizzato. Non c’è traccia di risorse aggiuntive dedicate al rinnovo contrattuale 2025–2027, né di interventi che riconoscano concretamente la nostra specificità, tanto evocata nei momenti di emergenza quanto nei funerali di Stato, ma sistematicamente dimenticata quando si tratta di misure economiche e normative.

I provvedimenti economici non impattano sul personale militare

Il taglio dell’IRPEF è limitato a una fascia ristretta di reddito, tra i 28.000 e i 50.000 euro, e paradossalmente esclude il personale già destinatario del bonus defiscalizzazione previsto dal riordino delle carriere del 2017. Chi guadagna meno e affronta i carichi operativi più gravosi non riceve alcun beneficio. È una distorsione che penalizza proprio il cuore operativo del comparto.

La detassazione del trattamento accessorio, annunciata come novità, risulta limitata agli straordinari e, forse, ai turni notturni e festivi. Avremmo voluto che si intervenisse in primis sulla forfettizzazione, sul FESI e sul compenso previsto dalla Legge 86/2001, perché sono le voci che più rappresentano il lavoro quotidiano del personale in uniforme. È inaccettabile che si continui a trascurare una condizione economica da tempo riconosciuta come insostenibile, senza che a questo riconoscimento seguano interventi concreti.

La questione previdenziale desta preoccupazione

Sul fronte previdenziale, l’aumento dei requisiti pensionistici di tre mesi è stato introdotto senza alcun confronto, colpendo un comparto già segnato da un’età media elevata e da un’usura fisica precoce. La riduzione dei tempi di pagamento del TFS da 12 a 9 mesi, prevista per chi maturerà i requisiti pensionistici dal 1° gennaio 2027, viene presentata come una novità, ma si rivela un correttivo parziale. Non rispetta pienamente le indicazioni della Corte Costituzionale e non risolve il problema strutturale dei ritardi nella liquidazione. A questo si aggiunge l’assenza di qualsiasi intervento sul completamento di un sistema di previdenza dedicata, più volte promesso e mai realizzato, né tantomeno uno stanziamento di risorse adeguate per renderlo operativo. È un vuoto che pesa e che continua a penalizzare chi serve lo Stato con sacrificio e continuità.

Le richieste del SIM Marina

Il Governo non ha ritenuto necessario ascoltare le sigle sindacali rappresentative. Le richieste inviate dal SIM Marina congiuntamente con le altre sigle, trasmesse ufficialmente il 13 ottobre, (leggi qui il comunicato congiunto) sono rimaste senza risposta. Non si riscontra alcun riconoscimento sostanziale verso chi garantisce ogni giorno la sicurezza del Paese.

Il SIM Marina chiede con forza un’inversione di rotta: servono ulteriori risorse dedicate sul contratto 2025–2027, misure strutturali e un confronto vero. Il personale in uniforme non può essere trattato come una voce residuale. Non può essere celebrato solo nei momenti tragici. Merita rispetto, tutele e risposte concrete.

Ora che la discussione sulla Legge di Bilancio passa al Parlamento, il SIM Marina si appella non solo al Governo, ma a tutte le forze politiche affinché dimostrino coerenza e responsabilità al comparto. Come spesso si dice, il personale in uniforme è orfano dei Governi e figlio dell’opposizione. Ma non cerchiamo paternità politiche: chiediamo coerenza, rispetto e atti concreti da parte di tutte le forze parlamentari.

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